AGIPRONEWS: Scommesse, rete non autorizzata più estesa del network di concessionari

26/02/2014 Ore 11:03

Scommesse, rete non autorizzata più estesa del network di concessionari

ROMA – La rete dei ctd esteri presente in Italia è superiore – per numero e distribuzione – a quella autorizzata, che può contare su circa 7500 punti vendita. E` quanto ha affermato Roberto Fanelli, Direttore per i giochi dell`Agenzia delle Dogane, illustrando ieri in un incontro internazionale a Roma le strategie di contrasto agli operatori non autorizzati. Lo riportano ad Agipronews alcuni partecipanti al convegno, organizzato da European Lotteries e Iris.

“E` una situazione penalizzante, incredibile e che esiste solo in Italia: non in Spagna, Belgio, Francia o Inghilterra. Certamente il 70% degli operatori esteri presenti con centri di raccolta in Italia non è mai stato discriminato, sugli altri si può discutere. Il nodo da sciogliere sta nell`atteggiamento dei tribunali penali, che stanno recependo una giurisprudenza delle corti comunitarie a mio avviso inadeguata“, ha detto ancora.

Per quanto concerne la lotta al match-fixing, Fanelli ha aggiunto che il tentativo dell`amministrazione finanziaria è quello di costituire un network di regolatori nazionali per lo scambio di informazioni circa eventuali anomalie sugli eventi sportivi.  

NT/Agipro

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Rassegna Stampa: GINESTRA: «È ORA DI DIRE BASTA. SIAMO ALLO STREMO» – Intervista su Il Sole 24 ore

Al linck che segue è consultabile l'intervista pubblicata oggi su Il Sole 24 ore al Presidente AGìSCO dott.Francesco Ginestra

http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2014-02-26/ginestra-e-ora-dire-basta-siamo-stremo-085932.shtml?uuid=ABquLGz&fromSearch

di seguito copia del testo
Ginestra: «È ora di dire basta. Siamo allo stremo»

Tremila negozi e 25mila posti di lavoro in meno. Questi i rischi provocati dalla crisi che colpisce le piccole e medie imprese del gioco legale, ovvero la rete capillare di agenzie, dotate di regolare licenza, che si occupano di scommesse in Italia. La denuncia arriva da Agisco (Associazione giochi e scommesse), il nuovo nome della rappresentanza di questi operatori, prima nota come Assosnai. E nel mirino del presidente Francesco Ginestra, già vicepresidente di Snai (e attualmente presidente anche di Snai Servizi), ci sono, in particolar modo, gli operatori esteri che – spiega Ginestra – versando imposte in altri Paesi (con regimi fiscali più vantaggiosi) riescono a pagare premi migliori, pur non avendo una licenza italiana per raccogliere scommesse.

«La normativa esiste, ci vuole la volontà di applicare le regole per fermare la concorrenza sleale: chi gioca 10 euro da noi ne vince 18, da loro 22 per la differente imposizione fiscale», spiega, sottolineando come gli obblighi cui devono sottostare le agenzie italiane (oltre all'ottenimento della licenza ci sono le imposte sull'ammontare delle giocate e il rispetto della normativa antiriciclaggio, con l'identificazione della clientela e l'inoltro delle segnalazioni sospette) non permettono di competere ad armi pari. Con il rischio di veder soccombere un presidio contro l'illegalità. 

I dati di Agisco parlano di 3mila negozi di scommesse autorizzati in Italia con concessioni dello Stato e oltre 4.500 negozi di scommesse collegati a operatori esteri privi di concessione italiana che però raccolgono ugualmente scommesse sul territorio italiano. A questi si aggiungono poco più di trenta concessionari autorizzati per raccogliere gioco via internet e centinaia di siti ".com" collegati a operatori senza concessione. «Noi, in prima linea, rischiamo di perdere, e in molti casi abbiamo perso, la possibilità di svolgere onestamente il nostro lavoro. In seconda linea, l'opportunità di contribuire alla soluzione della crisi attraverso il nostro dovere di cittadini prima e imprenditori poi: il pagamento delle tasse. In terza linea, chi ha costruito una rete legale affinché vi fosse un contributo erariale importante, se non imponente, rischia di vedere vanificato lo sforzo di decenni e l'implosione di una cassaforte certa per le casse del nostro Paese», afferma il presidente di Agisco spiegando che «punti non autorizzati valgono almeno 100 milioni di euro in meno per l'erario».

La rilevanza del fenomeno sembra emergere – almeno in parte – anche dai controlli della Guardia di Finanza. Nel 2013, le Fiamme Gialle hanno passato al setaccio 2.035 centri di trasmissione dati (un 30% in più rispetto al 2012), collegati a bookmaker che non hanno una concessione in Italia; e le rilevazioni parlano di 6,6 milioni di imposta unica evasa, con una crescita del 240% rispetto al 2012. Ma non ci sono solo gli operatori senza licenza. In agguato, dietro la rete delle Pmi del gioco legale, c'è tutto il business dell'illegalità che è fortissimo e minaccia di acquistare forza man mano che le agenzie con regolare concessione presenti sul territorio si indeboliscono.

Stretta in questa morsa Agisco vuol far sentire la propria voce. La rete di Pmi del gioco legale si è spinta fino a dichiarare illegittime le somme pretese da Adm (l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli) a titolo di imposta unica sui giochi e ne rivendica l'immediata restituzione. Una mossa estrema che nasconde la speranza di forzare la mano, per arrivare a un'azione davvero incisiva almeno contro il proliferare degli operatori esteri privi di licenza: «Sono 13 anni che questo fenomeno è presente in Italia e si allarga sempre di più – conclude Ginestra – ma oggi che siamo anche stati superati come numero, dobbiamo dire basta. Siamo allo stremo».

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NON FACCIAMO GIOCHI (ILLEGALI) – Articolo de Il Sole 24 ore

Nel link che segue è consultabile l'articolo in oggetto, che si riproduce di seguito.

http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2014-02-26/non-facciamo-giochi-illegali-090533.shtml?uuid=ABerXGz

Non facciamo giochi (illegali)

di Marco Mobili26 febbraio 2014

Tra lotta alle ludopatie da una parte e difesa del gettito erariale dall'altra, a far saltare il banco nel gioco pubblico è sempre più spesso l'illegalità. Stando ai numeri degli ultimi anni certificati anche dalla Guardia di Finanza emerge che dei 175 miliardi messi in moto dall'economia illegale ben 23 miliardi sono riferiti al giro d'affari dei giochi illegali. E se si sposta l'attenzione alle nuove tecnologie e all'economia illegale che corre sul web, dei 5 miliardi del giro d'affari online circa 1,5 miliardi sono la quota parte dei giochi gestiti illegalmente. Per gli operatori l'illegalità assorbe il 25% del mercato. Non solo. La cifra lorda movimentata sui tavoli illegali e virtuali dagli italiani, stando agli ultimi numeri dell'advisor londinese Ficom anticipati da Agipronews, nel 2013 ha toccato almeno i 10 miliardi di euro (+7% sul 2012).

Un mercato illegale del gaming che scommette e vince anche sulle contraddizioni che negli ultimi anni accompagnano il mondo dei giochi. Sempre più spesso, si chiede ai Governi di turno di combattere la piaga delle ludopatie da gioco aumentando l'imposizione. Per poi contemporaneamente proporre di far cassa aumentando il prelievo sui giochi e confidando nel fatto che la corsa al gioco non cessi anzi, al contrario, aumenti. Gli esempi recenti non mancano. La levata di scudi del Senato (dalla maggioranza alle opposizioni e dello stesso sindaco di Firenze, ora premier), contro l'emendamento del Governo al Dl Salva Roma che riduceva i trasferimenti agli enti locali che combattono la dipendenza da giochi, strideva con la richiesta giunta nelle stesse ore dai sindaci emiliani di far cassa aumentando il prelievo sulle new slot per non far pagare la mini-Imu e dunque sperando di recuperare le risorse necessarie dalla passione (malattia) da gioco.

Le contraddizioni che accompagnano la regolamentazione dei giochi sono anche extraparlmentari ed extragovernative. Un esempio delle ultime ore è quanto accaduto con l'accordo tra un club di serie A (Sampdoria) e Federbet che offre servizi di monitoraggio sui flussi anomali di scommesse. E ancora l'altro accordo siglato tra Federbet e il Torneo di Viareggio riservato alle squadre primavera. Un percorso virtuoso che mira a proteggere il calcio dei talenti in erba dal rischio di frodi e "totoscommesse". Nulla di strano, se non fosse per un particolare, hanno fatto notare da Confindustria giochi-Sistema Gioco Italia che riunisce le maggiori aziende del gioco legale in Italia: Federbet a oggi non ha titolo per fornire servizi antifrode al calcio italiano. A Federbet aderiscono aziende che operano in Italia «senza concessione dell'Agenzia delle Dogane e Monopoli cosa che rende tali operatori del tutto non idonei ad operare come consulenti nei servizi antifrode in ambito sportivo», hanno sottolineato da Confindustria gioco Italia all'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

L'ennesimo pasticcio all'italiana che imporrebbe a tutti gli attori, dall'ente regolatore in testa ai concessionari e agli operatori dell'intera filiera, così come dalle associazioni che tutelano i giocatori e combattono le ludopatie alle amministrazioni locali, di partecipare costruttivamente alla riforma dell'intero settore, magari seguendo i principi indicati nella delega fiscale che il Parlamento (salvo ripensamenti dell'ultima ora) si accinge a varare. A partire dal prelievo erariale unico sui singoli giochi per assicurare il riequilibrio del prelievo fiscale e armonizzare le percentuali di aggio o compenso riconosciute ai concessionari, ai gestori agli esercenti e la percentuale da restituire in vincite (payout). Il tutto guardando anche alla tenuta del gettito erariale, oggi intaccata dalle iniziative adottate in ordine sparso dagli enti locali per limitare il gioco legale, che apre la strada al giocatore per rivolgersi a quello illegale. C'è poi la certezza del diritto e la stabilità del sistema, altro punto di forza della delega fiscale. Principi che potrebbero aprire la strada anche al lancio delle slot di terza generazione (Awp) che offriranno più tecnologia di sicurezza anti frode. Un investimento di 1,2 miliardi nei prossimi 4 anni ma per il quale gli operatori sono pronti a partire solo a fronte di garanzie e di un impianto normativo e fiscale stabile del sistema e soprattutto uniforme su tutto il territorio.

A parlare sono i numeri della Guardia di Finanza nel bilancio sul contrasto al gioco illegale e all'evasione delle imposte da gioco. Il comparto del "gioco amministrato" è pari al 4% del Pil, con un giro d'affari registrato, nel 2012, di circa 90 miliardi ed entrate erariali attestate su oltre 8 miliardi, e di circa 85 miliardi nel 2013 (-4,34% sul 2012), con un gettito erariale comunque superiore dell'1,64% rispetto a quello di due anni fa. Il settore è sottoposto da qualche anno a un controllo specifico delle Fiamme Gialle per tutelare i "consumatori" e per difendere la fiscalità da gioco. Nel 2013 la Gdf ha effettuato oltre 9mila interventi, scoprendo violazioni in 3.500 casi a carico di 10mila responsabili e rilevando scommesse non assoggettate ad imposta per 123 milioni.

L'attività di controllo si sofferma in particolare su slot e video lottery e segue due distinte direttrici, in funzione degli illeciti che si vogliono contrastare. La prima, spiegano dal Comando generale, mira all'individuazione di forme di gioco irregolare, ossia alle raccolte non registrate nei contatori fiscali degli apparecchi, con la conseguente sottrazione di base imponibile ai fini del Preu (prelievo erariale unico) e delle imposte dirette. La seconda tipologia di interventi – quelli diretti nei confronti di soggetti che offrono gioco attraverso congegni vietati e completamente illegali – i più frequenti casi di alterazione/manomissione accertati dimostrano che generalmente il gioco non lecito viene inserito in videogiochi con vecchi mobili aventi diversi pulsanti di funzionamento e attivati con le più svariate modalità: a mezzo radiocomando, spesso in possesso dell'esercente, o attraverso una combinazione di tasti.